lunedì 10 luglio 2017

Elizabeth Strout. Abide with me / Resta con me

Cosa 'resta con me' dopo aver letto Resta con me, romanzo di Elizabeth Strout? Autrice incontrata per caso e non saprei neanche dire come e perché con Olive Kitteridge, portata poi qualche tempo fa molto bene sullo schermo da Frances McDormand, avevo recentemente letto l'ottimo Mi chiamo Lucy Barton e abbandonato invece I ragazzi Burgess per sopraggiunta noia o imprecisate cause legate al plot. Resta con me invece...restava in penombra, con una copertina poco interessante, un titolo poco attrattivo. 

Un regalo di compleanno rimasto lì, tra gli altri libri di Elizabeth. Poi ho iniziato a sfogliarlo per caso molto lentamente, e con pochissime pagine al giorno o addirittura a settimana, mi sono immerso nella cittadina di West Annett nel Maine, mescolandomi tra i suoi abitanti, ascoltando voci, racconti, seguendo i passi tra la neve che, a quanto pare, cade abbondante da quelle parti. Ne parlavo con mia moglie e dicevo: "Sto leggendo questo libro della Strout, non mi dice granché, ma non riesco a smettere, perché voglio capire dove va a finire, come procede la storia". 

Sì, la storia ad un certo punto mi ha abbracciato così forte che, in un balzo, ho bruciato le ultime 200 pagine e l'ho terminato in un soffio, in un tremito, in un sorriso.

Protagonista di questo romanzo comunque corale è il reverendo Tyler Caskey, che inizia la sua attività di pastore presso la comunità di West Annet. La scena, credo, possa essere ambientata quasi ai giorni nostri (il libro è del 2006, uscito in Italia da Fazi nel 2010). Lo troviamo già scosso e distaccato: aveva iniziato alla grande il suo servizio, tutti lo avevano amato subito e lui si era sentito accolto, amato. I sermoni imparati a memoria, l'attenzione e l'ascolto per ciascuna delle sue pecorelle. Ora invece tra se' e il resto del mondo ha messo un velo di indolenza, sordità, incomprensione. Una figlia non parla più, Katherine. L'altra - Jeannie - vive con la mamma di Tyler, Margareth, donna piuttosto ingombrante. C'è anche Lauren, la moglie, di cui si parla poco, all'inizio, ma che si capisce non ci sia più. A poco a poco, come la neve che cade lenta sulle case e sui prati di West Annet, la trama si dipana, i vari personaggi prendono spessore, le vicende personali si arricchiscono di particolari, fino a quando viene fuori la verità di ciascuno. O almeno, il lettore la conosce. Tyler no, ma la intuisce. 

In un crescendo di tensione, di pettegolezzi, di bugie, di rivelazioni sensazionali - e ordinarie al tempo stesso - la vicenda culmina in occasione di un sermone che Tyler deve tenere nella sua chiesa. Ci ha lavorato tutta la settimana, è pronto: sa cosa dire, sa chi guardare. E la chiesa è piena fino all'orlo. C'è la madre, c'è la donna che sua madre ha scelto per sostituire la moglie del reverendo, ci sono tutti gli abitanti di West Annet, compreso Charlie che qualche giorno prima aveva aggredito a male parole e non solo, Tyler stesso. Ad un certo punto, mentre si sistema al centro del presbiterio, Caskey ha l'immagine di tutti i suoi fedeli vestiti da puritani del '600, come appena sbarcati dalla Mayflower. Un'immagine potente, di un processo che sta per cominciare. 

Elizabeth Strout è un autentico genio della letteratura del nostro tempo. Penso ad Alessandro Manzoni, unico nella nostra storia a saper raccontare con dovizia di particolari ma senza annoiare mai, tutti i turbamenti e i movimenti dell'animo umano. Le sfumature, i pensieri, i tentativi, le cattiverie che riempiono il nostro lobo prefrontale, nel momento in cui iniziamo ad immaginare, a tessere trame, costruire connessioni. 

Così la Strout, dirigendo la sua orchestra di caratteri, porta l'azione ad un'apice di tensione nel quale le ragioni di ciascuno si sciolgono, come in un pianto a dirotto. Quel che resta, di una vicenda fatta di relazioni violente 'nel pensiero' e raramente nei fatti, è l'umanità. La chiave di volta per riportare le pecorelle nell'ovile, per ridare un senso alla vita di Tyler Caskey, è proprio l'incontro, il re-incontro vorrei dire, con la sua umanità. 

Abbracciare e accogliere se stessi, fare verità sui propri desideri, su ciò che siamo. Accettare la distanza da ciò che vorremmo essere. Scegliere il qui e l'ora per vivere la nostra storia e non un domani fatto di 'se' e di 'forse'. Incontrare davvero il prossimo, per conoscerlo davvero, e amarlo come persona unica, irripetibile. Tyler viene, infine, accolto, solo quando si mostra per ciò che è realmente. 


La fragilità dell'uomo è la sua forza. Le lacrime di Tyler apriranno il cuore di molti, laveranno le colpe di tutti, faranno ancora più brillare l'azzurro dei suoi occhi, restituiranno la voce a sua figlia. Straordinario.